SSM, l’avv. Margherita Covi interviene sugli strumenti di tutela contro le condotte discriminatorie

All’evento formativo organizzato della Scuola Superiore della Magistratura, l’avv. Margherita Covi affronta il tema delle condotte discriminatorie evidenziando, nelle azioni in giudizio, l’importanza della scelta del rito.

Il corso si tiene a Milano il 15 maggio nell’Aula Magna Emilio Alessandrini – Guido Galli presso il Palazzo di Giustizia. Organizzato dalla struttura territoriale di Formazione Decentrata del Distretto di Milano della Scuola Superiore della Magistratura in collaborazione con AGI, Avvocati Giuslavoristi Italiani, e CSDN, Centro Studi Domenico Napoletano, si rivolge principalmente ai Magistrati ordinari e in tirocinio, nonché ai Giudici Onorari e Ausiliari.

Margherita Covi all'evento formativo organizzato dalla Scuola superiore della Magistratura,

Obiettivi e contenuti dell’evento

Il diritto antidiscriminatorio è parte fondamentale della disciplina dei rapporti di lavoro, materia rispetto alla quale sono sempre più frequenti gli interventi del Legislatore, anche sulla scorta degli stimoli e degli obblighi sovranazionali, così come costante è l’opera di interpretazione evolutiva della giurisprudenza.

A dispetto del continuo sviluppo normativo e giurisprudenziale, tuttavia, la materia presenta ancora molteplici criticità, tanto a livello sostanziale quanto a livello processuale.

Sotto il primo profilo, la tutela antidiscriminatoria paga spesso pegno a un’erronea sovrapposizione di piani tra nozioni accomunate da analoga forma di tutela, ma affatto diverse quali, per esempio, discriminazione e ritorsione; talvolta, è lo stesso Legislatore a introdurre previsioni e meccanismi di tutela forieri di incertezze definitorie e applicative (in proposito, meritano senz’altro approfondimento i recenti interventi di cui ai Decreti Legislativi 104/2022 e 105/2022).

Avuto riguardo all’aspetto processuale, la materia antidiscriminatoria conosce – ancor oggi – una significativa differenziazione delle forme di tutela diversamente declinabili, tanto sotto il profilo della legittimazione attiva, quanto sotto il profilo del procedimento esperibile in funzione del petitum sotteso; d’altronde, nella recente riforma del processo civile si è ritenuto necessario intervenire con la previsione di cui all’art. 441-quater c.p.c. cui è sotteso il principio “electa una via altera non data”.

L’incontro si propone di stimolare un confronto sullo stato dell’arte normativo e giurisprudenziale, con l’auspicio di favorire percorsi logico-giuridici e argomentativi utili all’individuazione delle fattispecie e, conseguentemente, delle tutele esperibili.

Il programma e altre informazioni sull’evento sono disponibili qui.

La presentazione dell’intervento dell’avv. Margherita Covi è disponibile qui.

L’avv. Alessandro Marchese sui concetti di giusta causa e proporzionalità nel licenziamento disciplinare

Per Quotidiano Più, il nostro giuslavorista commenta la sentenza n. 10124 del 17 aprile 2023, nella quale la Corte di Cassazione ha ricostruito ed approfondito le nozioni di giusta causa e proporzionalità alla luce del loro carattere di “clausole generali”.  Nell’ambito di un licenziamento per giusta causa, la Corte ha evidenziato che, al fine di una corretta interpretazione, i concetti di giusta causa e proporzionalità devono essere concretizzati.

Le parti del procedimento erano un istituto bancario ed un suo dipendente, licenziato a seguito di un procedimento disciplinare per non avere osservato il Codice di Comportamento interno adottato dalla Banca.  Aveva fatto accesso arbitrariamente e senza giustificazione ad alcuni rapporti bancari intestati ai clienti tramite il sistema informatico della Banca, violando altresì alcune disposizioni normative in tema di privacy. Inoltre erano riconducibili al dipendente attività di contabilizzazione di operazioni riferibili ai suoi figli. Queste condotte avevano reso possibili altre azioni delittuose di natura truffaldina, commesse però da terzi.

Nel procedimento di primo grado, il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, chiedendo al Giudice (Tribunale di Benevento, sezione lavoro) che, accertatane la illegittimità, condannasse la Banca alla reintegra del dipendente nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno. Il tribunale aveva comunque dichiarato risolto il rapporto di lavoro, ma contro la sentenza entrambe le parti avevano presentato ricorso alla Corte d’Appello.

Prendendo spunto da tale vicenda, la Corte di Cassazione ha puntualizzato che “I concetti di giusta causa di licenziamento e di proporzionalità della sanzione disciplinare costituiscono clausole generali, vale a dire disposizioni di limitato contenuto, che richiedono di essere concretizzate dall’interprete tramite la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi tacitamente richiamati dalla norma“.

Riguardo alla proporzionalità, la Suprema Corte ha chiarito che “l’accertamento dei fatti ed il successivo giudizio in ordine alla gravità e proporzione della sanzione espulsiva adottata sono demandati all’apprezzamento del giudice di merito, che anche qualora riscontri l’astratta corrispondenza dell’infrazione contestata alla fattispecie tipizzata contrattualmente – è tenuto a valutare la legittimità e congruità della sanzione inflitta, tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda, con giudizio che, se sorretto da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 26010 del 2018).”

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Cooperative di lavoro: l’avv. Matteo Motroni chiarisce i dubbi sui regolamenti interni

Su Quotidiano Più edito da Giuffré, il Salary Partner Matteo Motroni commenta gli articoli della legge n. 142/2001 che prevedono innanzi tutto una distinzione fra parte obbligatoria e facoltativa dei regolamenti interni delle cooperative di lavoro.

L’obiettivo dell’articolo, pubblicato il 26 aprile,  è quello di chiarire se e in che misura i regolamenti interni possano derogare alla disciplina del rapporto di lavoro dei soci. Infatti il trattamento economico minimo previsto dai CCNL di categoria non può essere modificato in pejus, e non sempre è facile delimitare il confine dell’inderogabilità.

Della giurisprudenza in materia, l’avv. Matteo Motroni ricorda la sentenza della Cassazione 21 febbraio 2019, n. 5189, dove la Corte fa riferimento ad altre precedenti (Cass. n. 17583 del 2014; n. 19832 del 2013) per ribadire come “In tema di società cooperative, nel regime dettato dalla legge 3 aprile 2001, n. 142, al socio lavoratore subordinato spetta la corresponsione di un trattamento economico complessivo (ossia concernente la retribuzione base e le altre voci retributive) comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, la cui applicabilità, quanto ai minimi contrattuali, non è condizionata dall’entrata in vigore del regolamento previsto dall’art. 6 della legge n. 142 del 2001, che destinato a disciplinare, essenzialmente, le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci e ad indicare le norme, anche collettive, applicabili, non può contenere disposizioni derogatorie di minor favore rispetto alle previsioni collettive di categoria”.

Con riguardo all’art. 36 della Costituzione, alcune pronunce (Cass. 17274/2003; Cass. 26953/2016; Cass. 12520/2004) hanno ritenuto che  i compensi aggiuntivi di fonte esclusivamente contrattuale come gli scatti di anzianità e le mensilità eccedenti la tredicesima (es. la quattordicesima) non siano da ritenersi voci inderogabili; secondo altre, invece,  “…gli istituti retributivi legati all’autonomia contrattuale (come ad esempio le mensilità aggiuntive oltre la tredicesima mensilità, i compensi aggiuntivi ed integrativi dei minimi salariali), benché non possano trovare automatica applicazione, tuttavia non possono essere neppure automaticamente esclusi e il loro esame complessivo è possibile al fine della determinazione della “giusta retribuzione” ai sensi della norma costituzionale” (Cass. 19576/2013).

Nelle conclusioni, il giuslavorista suggerisce altri criteri e prospettive per individuare gli spazi di intervento dei regolamenti interni, in modo da superare con un criterio razionale le ambiguità che le fonti normative e giurisprudenziali possono aver creato.

L’articolo, riservato agli abbonati, è disponibile al link https://www.quotidianopiu.it/dettaglio/10403831/cooperative-di-lavoro-gli-spazi-di-intervento-del-regolamento-interno

 

 

Domanda riconvenzionale e chiamata del terzo, l’avv. Alessandro Marchese ne parla su Quotidiano Più

Per il portale d’informazione di Giuffrè Francis Lefebvre dedicata ai professionisti, alle aziende e all’innovazione, il nostro giuslavorista commenta la sentenza n.67 della Corte Costituzionale pubblicata in data 11 aprile 2023.

La Corte ha esaminato due istituti processuali ricorrenti: la domanda riconvenzionale e la chiamata del terzo nel rito del lavoro la cui disciplina è contenuta negli articoli 418 (comma 1) e 420 (comma 9) del codice di procedura civile. Nella specie, il Giudice a quo (Tribunale di Padova, Sezione Lavoro) ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle predette norme in ragione dell’assunta violazione degli articoli 3 e 111 (comma 2) della Costituzione nella parte in cui non è previsto che, ove il convenuto intenda chiamare in causa un terzo, egli debba chiedere al giudice, a pena di decadenza – nella memoria difensiva depositata ex articolo 416 del codice di procedura civile – che, previa modifica del decreto ex art. 415 (comma 2) del codice di procedura civile, pronunci un nuovo decreto per la fissazione dell’udienza.

Nelle considerazioni in diritto, la Corte ha precisato che «nel processo del lavoro, richiesta dal convenuto la chiamata in causa del terzo nella memoria tempestivamente depositata, è solo all’udienza di discussione che il giudice provvede sulla relativa istanza, rinviando, se autorizza la chiamata, ad una successiva udienza per consentire che la stessa venga effettuata nel rispetto del termine a difesa del terzo.

In effetti, con riguardo al processo del lavoro non si è mai dubitato del potere discrezionale del giudice di verificare, ai fini dell’ammissione della chiamata del terzo, la sussistenza dei relativi presupposti (ex aliis, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 9 febbraio 2016, n. 2522; 4 dicembre 2014, n. 25676 e 26 giugno 1999, n. 6657).

L’esigenza di questo vaglio autorizzativo del giudice del lavoro sull’istanza di chiamata in causa del terzo da parte del convenuto – che, per lungo tempo, non è stato invece ritenuto necessario nel processo ordinario di cognizione – era correlata, tra l’altro, almeno in origine, anche alle non trascurabili problematiche processuali che avrebbero potuto determinarsi per effetto della chiamata.

Per un verso, veniva in rilievo l’impossibilità di attuare il cumulo delle cause assoggettate a riti diversi; ciò che comportava la necessità che la “causa comune” e quella di garanzia fossero entrambe cause di lavoro perché il giudice del lavoro potesse decidere anche su di esse nell’ambito di un unico processo.

Questa possibilità è ormai da tempo riconosciuta dal terzo comma dell’art. 40 cod. proc. civ., come novellato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile), che stabilisce espressamente la possibilità del cumulo, e dunque della trattazione congiunta, con applicazione del rito del lavoro, ogni volta che, nei casi previsti dagli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 cod. proc. civ., più cause, di cui una di lavoro, siano «cumulativamente proposte, o successivamente riunite».

Più oltre ha concluso che «che la scelta del legislatore, quanto al processo del lavoro, di rimettere all’udienza di discussione la decisione del giudice sull’autorizzazione, o  […] della chiamata in causa del terzo, […]  resta non irragionevole in quanto fondata ancora su una valida ratio giustificativa, che non ha smarrito la sua portata […] e che rappresenta essa stessa una peculiare declinazione del principio di ragionevole durata del processo, in coerenza con le finalità che connotano tale rito speciale».

L’intero articolo dell’avv. Alessandro Marchese è disponibile, per gli abbonati a Quotidiano Più, al link https://www.quotidianopiu.it/dettaglio/10399050/domanda-riconvenzionale-e-chiamata-in-causa-del-terzo-nel-rito-del-lavoro

 

 

 

 

Processo del lavoro: docenza dell’avv. Evangelista Basile per Master IPSOA

Per l’intera giornata di martedì 7 marzo, il senior partner Evangelista Basile spiega le particolarità del contenzioso di diritto del lavoro nell’ambito del Master online che la Scuola di Formazione IPSOA dedica all’argomento.
Destinatari del corso sono avvocati e praticanti legali, consulenti del lavoro, legali interni e direttori del personale in azienda.
La materia è di grande interesse in particolare nel periodo attuale, perché la stabilità dei rapporti di lavoro non è purtroppo certa. Nel Master vengono approfondite le tipologie di risoluzione del rapporto di lavoro e le possibili conseguenze in termini di contenzioso.
Proprio a questa fase l’avv. Evangelista Basile riferisce la sua docenza, analizzando l’iter procedurale in questo tipo di giudizio. 

In premessa presenta le novità in materia di negoziazione e la riforma del processo del lavoro, per poi ripercorrere il cosiddetto “Rito Fornero” e le sue fasi.

Chiarisce i termini della prescrizione e della decadenza e ricorda i requisiti di competenza territoriale  del giudice del lavoro.

Passa poi all’esame di tutti gli istituti correlati al processo del lavoro, dall’introduzione del giudizio ai mezzi di prova sino alla sentenza.

La Scuola di Formazione IPSOA

Nata nel 1970, IPSOA Scuola di formazione è la Business School di Wolters Kluwer da sempre uno dei più autorevoli punti di riferimento per la formazione e l’aggiornamento di professionisti, dipendenti d’azienda e giovani laureati che operano in ambito fiscale, giuridico, giuslavoristico, gestionale e manageriale, dell’ambiente e della sicurezza.

Con un’offerta formativa sempre più orientata al digital learning, la metodologia didattica innovativa e un illustre corpo docente, IPSOA Scuola di formazione è la scelta migliore per rimanere costantemente aggiornati sul contesto normativo, economico e finanziario in continua evoluzione.

Le iniziative didattiche godono di prestigiose collaborazioni con aziende, studi professionali, associazioni e i massimi esponenti del settore.
Oltre al vasto catalogo la Scuola offre anche soluzioni ‘chiavi in mano’ con progetti ad hoc personalizzabili, studiati sulla base delle necessità specifiche del cliente.

L’organizzazione di eventi sia fisici che digitali costituisce un ulteriore momento di incontro per l’aggiornamento e l’approfondimento sulle diverse tematiche di settore, in cui si confrontano gli esponenti più rilevanti dell’impresa, della finanza e delle istituzioni.

 

[Foto di LEANDRO AGUILAR  da Pixabay]

Responsabilità penale del RSPP, ne parla l’avv. Laura Panciroli per Ambiente&Sicurezza

Alle domande su questo argomento la Partner dello Studio risponde con un articolo dal taglio pratico sul numero di marzo di Ambiente&Sicurezza. 

Il tema è delicato e di grande interesse: in che misura e con quali presupposti il Responsabile del servizio prevenzione e protezione è perseguibile penalmente a seguito di incidenti sul lavoro?

Il ruolo del RSPP e il suo rapporto col datore di lavoro

L’autrice ricorda in breve come la figura del RSPP sia da configurare ai sensi del Decreto Legislativo n° 81/2008: il Responsabile del servizio è un consulente interno del datore di lavoro in materia di normativa sulla sicurezza.

Tratta poi della redazione del Documento di valutazione dei rischi e dei compiti che il datore di lavoro non può delegare al RSPP.

La giurisprudenza in materia

Richiama infine alcune pronunce della Suprema Corte utili a definire l’ambito ed i limiti della responsabilità di questa figura.

Quando vi è colpa professionale

Così Cass. Pen. Sez. IV 21.12.2018 n.11708: “La più avveduta giurisprudenza della Corte regolatrice ritiene ormai pacificamente configurabile, nella materia della prevenzione degli infortuni sul lavoro, la colpa professionale specifica del RSPP – in cooperazione con quella del datore di lavoro – ogni qual volta l’infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare (Sez. 4, n. 16134 del 18/03/2010, Santoro, Rv. 24709801). Al riguardo è stato più volte ribadito che il RSPP risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza di leggi o discipline, che abbiano indotto il secondo ad omettere l’adozione di misure prevenzionali doverose (Sez. 4, n. 2814 del 21/12/2010 – dep. 2011, Di Mascio, Rv. 24962601). Ciò sul presupposto che tale figura, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 26110701).”

I limiti della responsabilità penale

Quanto ai limiti della responsabilità di chi svolge tale funzione, la Corte di Cassazione precisa invece: “Da questo punto di vista, si deve qui ribadire l’orientamento secondo cui, in materia di infortuni sul lavoro, risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ogni qual volta l’infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare al datore di lavoro (Sez. 4, n. 40718 del 26/04/2017, Raimondo, Rv. 27076501). In altri termini, il RSPP risponde dell’evento, in concorso con il datore di lavoro, solo se si fornisce adeguata dimostrazione che lo stesso abbia svolto in maniera negligente la sua attività di consulente del datore di lavoro, a seguito di errore tecnico nella valutazione dei rischi, per suggerimenti sbagliati o mancata segnalazione di situazioni di rischio colposamente non considerate.” ( Cass. Pen. Sez. IV 17.10.2019 n. 49761 )

Foto: Da Pixabay, PublicDomainPictures

Come cambia il ramo d’azienda nei diversi settori del diritto: convegno Unimi

I giuslavoristi Pietro Ichino e Massimo Pallini prendono parte all’evento: “Il ramo di azienda nei vari rami del diritto: una fattispecie unitaria o plurima?” organizzato dall’Università degli Studi di Milano per il 1° marzo 2023.

Il quesito è posto immediatamente dal titolo e ciascun relatore affronta il tema dalla prospettiva della propria disciplina di competenza.

Protagonisti della mezza giornata di studi sono giuristi con esperienza nelle professioni forensi, avvocatura e magistratura, oltre che di docenza universitaria.

La prima materia che tratta l’argomento, naturalmente, è il diritto privato. Il ramo d’azienda viene tuttavia ripreso da differenti angolature nel diritto commerciale, del lavoro, bancario e delle assicurazioni. In ogni disciplina sono diverse le priorità assegnate alle sue caratteristiche. Per questo ci si domanda se la sua attuale denominazione non dovrebbe forse ramificarsi a sua volta perché siano più chiari gli elementi di volta in volta presi in considerazione.

Il convegno è presieduto dal prof. Roberto Sacchi, ordinario di Diritto commerciale dell’Università degli Studi di Milano. La prof.ssa Ilaria Viarengo, direttore del Dipartimento di Studi Internazionali, Giuridici e Storico-Politici ed il prof. Roberto Pedersini, direttore Dipartimento di Scienze Sociali e politiche, salutano i presenti ed introducono le relazioni:

“La fattispecie di cui all’art. 2555 del Codice Civile”, del prof. Marco Cian, ordinario di Diritto commerciale dell’Università degli Studi di Padova

“Azienda e regimi del suo trasferimento”, del prof. Aldo Angelo Dolmetta, già Giudice della Corte di Cassazione, sezione prima civile, e ordinario di Istituzioni di Diritto Privato dell’Università Cattolica S.C. di Milano

“La circolazione societaria del ramo aziendale”, della prof.ssa Giuliana Scognamiglio, ordinario di Diritto commerciale nell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

“Il ramo aziendale alla luce dell’articolo 2112 del Codice Civile e della direttiva 2001/23/CE”, del prof. Massimo Pallini, ordinario di Diritto del lavoro dell’Università degli Studi di Milano

“Il ramo d’azienda nell’ambito delle procedure della crisi d’impresa”, del prof. Daniele Vattermoli, ordinario di Diritto commerciale dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

“L’azienda tra Testo Unico Bancario e Codice delle Assicurazioni”, del prof. Andrea Tina ordinario di Diritto commerciale dell’Università degli Studi di Milano

“L’azienda nella disciplina di cui alla liquidazione coatta delle Banche Venete”, del prof. Ugo Minneci ordinario di Diritto commerciale dell’Università degli Studi di Milano

Al Senior Partner dello Studio prof. avv. Pietro Ichino, emerito di Diritto del lavoro dell’Università degli Studi di Milano, è affidata la conclusione dell’evento con le sue considerazioni finali.

Il convegno si tiene nella Sala Lauree della facoltà di Scienze Politiche in via Conservatorio 7 a Milano.

La locandina è disponibile qui.

[Foto di 정훈 김 da Pixabay]

A cura dello Studio anche quest’anno la Employee Incentive Comparative Guide di Legal 500

Quali sono i  piani di incentivazione più diffusi in Italia?  Quali piani di opzione su azioni possono essere offerti? Ci sono limiti a chi può partecipare a un piano di incentivazione e alla misura in cui può farlo? Qual è la diffusione delle clausole di malus e clawback? Vi sono proposte di riforma che influenzeranno il funzionamento dei piani di incentivazione nei prossimi 12 mesi??

Sono molte le domande che le società appartenenti a gruppi internazionali si pongono, per quanto riguarda gli incentivi a dirigenti e dipendenti.

Legal 500, marchio della casa editrice Legalease specializzata in informazione sul mercato legale, ha elencato 25  FAQ che le società di gruppi internazionali si pongono. Le Directories e le pubblicazioni di Legalease creano un collegamento fra legali in-house e consulenti esterni, oltre che fra HR manager e giuslavoristi.

Ed è per questo che le guide di Legal 500 sono realizzate in collaborazione con gli studi legali leader in ciascuna nazione: forniscono agli operatori una panoramica delle leggi e dei regolamenti nelle principali giurisdizioni, divisa per aree di pratica.

Da poco disponibile on-line, il contributo è raggiungibile a questo link.

Da alcuni anni è affidata ai senior partner Luca Daffra e Franco Tofacchi la redazione del capitolo italiano. Grazie alla loro esperienza, i due giuslavoristi non solo chiariscono i punti che vengono loro sottoposti in quanto comuni a tutte le nazioni coinvolte, ma fanno accenno ad argomenti non presenti nella griglia, che sono in realtà di importanza non trascurabile nel nostro Paese.

Oltre ad essere esperti nei profili giuslavoristici dei piani di incentivazione azionaria, infatti, gli avvocati Luca Daffra e Franco Tofacchi assistono frequentemente le società clienti nella costruzione di progetti di welfare per il personale, che possono essere offerti a tutti i dipendenti.

La tendenza ad utilizzare questa forma di incentivazione è stata supportata anche dal legislatore, che ha introdotto specifiche previsioni per incentivare l’uso del welfare aziendale a supporto dei lavoratori.

 

 

 

Cumulo di impieghi e trasparenza, l’avv. Sergio Passerini fa il punto

Nel Decreto Legislativo n° 104/22 si trovano nuove indicazioni anche per il cumulo d’impieghi, detto in parole semplici “doppio lavoro”. Si tratta di un fenomeno di entità tutt’altro che trascurabile, e comunque già previsto dall’ordinamento entro determinati limiti. Occorre naturalmente che gli orari siano compatibili e complessivamente non superino un tetto di ore settimanali.

A distanza di poche settimane dall’entrata in vigore del Decreto, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emanato la circolare 20 settembre 2022, n. 19, con la quale ha fornito le prime indicazioni interpretative.

Per chi è interessato dalla nuova disciplina, infatti, non è semplice orientarsi né avere la certezza di ottmpereare in modo sicuramente corretto agli obblighi di legge.

Il Senior Partner Sergio Passerini sul numero 7 de “La Consulenza del lavoro” fa il punto della situazione, richiamando l’attenzione sulle novità. Nell’articolo rammenta che il noto decreto, detto “Trasparenza”,  ha dato attuazione nell’ordinamento interno alla direttiva 2019/1152/Ue, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea, dettando esplicite disposizioni anche in merito alla possibilità per i lavoratori di intrattenere contemporaneamente più rapporti di lavoro, naturalmente non a tempo pieno.

Alcune di queste disposizioni sono solo l’esplicitazione normativa di principi già presenti nel nostro ordinamento e già più volte affermati dalla giurisprudenza; altre sollevano specifici problemi e richiedono di essere coordinate con le regole relative ad altri istituti (orario massimo di lavoro, sicurezza, obblighi di fedeltà e altri).

La Consulenza del Lavoro è lo strumento Eutekne di aggiornamento e approfondimento in materia di diritto del lavoro, amministrazione del personale, previdenza, fisco, diritto sindacale, sicurezza e ispezioni del lavoro. I destinatari principali del periodico sono i consulenti che assistono le aziende, quali i commercialisti ed i consulenti del lavoro. Fornisce tuttavia un aggiornamento prezioso ed affidabile a tutti gli operatori economici: imprenditori,  responsabili delle risorse umane, funzionari e dipendenti, grazie alla puntuale informazione corredata da chiarimenti sulle novità in ambito giuslavoristico e fiscale.

 

Dialogo fra diritto ed economia sul lavoro, il prof. Pietro Ichino al seminario Unibocconi

Lunedì 9 gennaio all’Università Bocconi di Milano Pietro Ichino prende parte al seminario “La difficile comunicazione fra sapere giuridico e sapere economico” organizzato congiuntamente dai dipartimenti di studi giuridici  Angelo Sraffa e di economia Ettore Bocconi.

Il prof. Maurizio Del Conte di Unibocconi introduce i lavori e partecipa come discussant insieme al prof. Tito Boeri dello stesso ateneo.

Nel suo Editoriale telegrafico  per i quotidiani Gazzetta di Parma, l’Adige e Alto Adige, Pietro Ichino sottolinea l’importanza del dialogo fra giuristi ed economisti e fra le corrispondenti comunità accademiche.  Sottolinea che “nella realtà, per l’intero secolo passato, non ci sono state soltanto difficoltà di comunicazione tra giuslavoristi ed economisti del lavoro, ma un vero e proprio muro di incomunicabilità. Ciò che era considerato ortodosso per gli uni era considerato un’aberrazione dagli altri, e viceversa. Certo, l’assenza pressoché totale di un dialogo tra le due comunità accademiche ha prodotto non pochi danni.”

Se l’evento organizzato da Unibocconi può considerarsi quasi un progetto pilota in Italia, la cooperazione di esperti nei due diversi ambiti può porre rimedio a difetti di funzionamento che hanno danneggiato il mercato del lavoro per decenni nel nostro Paese.

La relazione del prof. Ichino, disponibile qui e sul  sito www.pietroichino.it,  espone il contenuto della voce Contratto di lavoro (diritto ed economia) in corso di pubblicazione nel volume tematico Contratto di lavoro dell’Enciclopedia del Diritto (Ed. Giuffrè).

Infortuni sul lavoro e sanzioni: il contributo ad Ambiente&Sicurezza dell’avv. Laura Panciroli

Il contributo di questo mese ad Ambiente&Sicurezza mette a fuoco termini e condizioni per lestinzione delle contravvenzioni in materia di lavoro.

La penalista chiarisce innanzi tutto quali siano le diverse sanzioni previste in caso di infortunio sul lavoro.

A norma dell’art. 590, 3° comma del Codice Penale, il soggetto responsabile di aver cagionato colposamente ad altri una lesione personale, avendo violato le norme poste a tutela della prevenzione degli infortuni sul lavoro, viene punito con reclusione da 3 mesi a 1 anno o con multa da 500,00 a 2.000,00 euro se le lesioni sono state gravi, ovvero da reclusione da 1 a 3 anni se le lesioni sono state  gravissime. In caso di morte del lavoratore, l’art. 589, 2°comma prevede la reclusione da 2 a 7 anni per il soggetto responsabile di averla colposamente provocata con la violazione delle suddette norme.

Dopo aver ricordato la distinzione fra colpa generica e specifica, la penalista sottolinea come le violazioni delle previsioni del Decreto Legislativo n°81/08 non siano sanzionate con reclusione e multe, bensì con arresto e/o ammende. Attraverso questo criterio, puramente formale, che riguarda la specie di pena prevista dalla norma incriminatrice, si determina una delle distinzioni fondamentali del nostro sistema penale: quella tra delitti e contravvenzioni.

L’avv. Laura Panciroli chiarisce quindi che la speciale procedura estintiva in sede amministrativa è applicabile alle sole contravvenzioni in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, punite con pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda. Vi si prevede che l’organo di vigilanza, allo scopo di eliminare una contravvenzione accertata, impartisca le prescrizioni ritenute più idonee, fissi un termine per la regolarizzazione, decorso il quale verifichi se la violazione sia stata eliminata e, in caso positivo, ammetta il contravventore a pagare – in sede amministrativa – una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita. Il pagamento estinguerà la contravvenzione ed il pubblico Ministero ne chiederà l’archiviazione.

L’articolo, che costituisce un pratico vademecum per gli utenti della banca dati sul portale www.ambientesicurezzaweb.it, tratta infine della più rilevante giurisprudenza in materia, in particolare riguardante la tassatività delle modalità estintive, e della residua responsabilità dell’Ente per il Decreto Legislativo n° 231/01.

[Immagine di Drazen Zigic su Freepik]

 

Licenziamenti collettivi e procedure di consultazione, l’avv. Sergio Passerini risponde a “L’Economia”

Nel numero del 19 dicembre, l’Economia del Corriere dedica il “Focus Studi Legali” al diritto del lavoro. Diversi gli argomenti delle interviste, ma il tema della necessità di politiche attive del lavoro è ricorrente nelle risposte dei legali.

Il senior partner Sergio Passerini parla di due recenti casi di licenziamenti collettivi: le aziende Wärtsilä Italia e Gkn Driveline Firenze, pur avendo attivato due percorsi di informazione e consultazione sindacale, sono state condannate dai giudici del lavoro per non aver provveduto anche alla preliminare informazione prevista dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa applicata.

“Nel caso delle aziende Wärtsilä Italia e Gkn Driveline Firenze, i Giudici del Lavoro hanno ritenuto che i datori di lavoro abbiano posto in essere una condotta antisindacale per non avere promosso, prima di avviare i licenziamenti collettivi dei dipendenti addetti agli stabilimenti da chiudere, le procedure di informazione e consultazione con le organizzazioni sindacali previste dalla contrattazione collettiva nazionale (in questi casi quella delle imprese metalmeccaniche) e aziendale”, spiega Sergio Passerini, Senior Partner Studio Legale Ichino Brugnatelli e Associati. “In entrambi i casi, i Giudici del Lavoro sono giunti a questa conclusione nonostante specifici percorsi di informazione e consultazione sindacale fossero già previsti dalle norme di legge sulle procedure di riduzione del personale attivati dalle due aziende e sarebbero stati dunque comunque effettuati nel corso delle procedure stesse: sia la legge 223/1991 in materia di licenziamenti collettivi, sia le cosiddette norme “anti-delocalizzazioni” contenute nella legge di Bilancio 2022 contengono specifiche disposizioni sui percorsi di informazione e consultazione sindacale preliminari ai licenziamenti, percorsi che entrambe le aziende si apprestavano ad affrontare”. Secondo i Tribunali in questione, “questi obblighi di preventiva informazione e consultazione previsti dalla legge non assorbono gli analoghi obblighi di preliminare informazione e consultazione eventualmente previsti dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa applicata, che devono dunque essere autonomamente e aggiuntivamente rispettati”.

Il giuslavorista conclude mettendo in dubbio che “la moltiplicazione di queste fasi di consultazione preliminare sindacale risponda davvero agli interessi dei lavoratori. L’impressione è che questa reiterazione e complicazione delle procedure e la conseguente dilatazione dei tempi siano strumenti utili solo ad abbandonare sulle spalle delle parti coinvolte le conseguenze dell’incapacità dell’ordinamento di affrontare le crisi industriali con strumenti più incisivi di politica attiva del lavoro”.

Diritti patrimoniali derivanti dalle invenzioni dei ricercatori universitari: ne parla l’avv. Sergio Passerini sul Quotidiano Eutekne

Sul Quotidiano Eutekne di sabato 17 dicembre 2022 l’avv. Sergio Passerini interviene sul disegno di legge di recente approvato dal Consiglio dei Ministri di riforma del Codice della Proprietà Industriale, e in particolare sulla ipotizzata modifica della disciplina dei diritti derivanti dalle invenzioni dei ricercatori delle Università e degli altri enti pubblici di ricerca, con il superamento del cosiddetto “Professor’s Privilege”.

La versione integrale dell’articolo è consultabile on line sulla rivista La Consulenza del Lavoro di Eutekne; per maggiori informazioni: www.eutekne.it/sile.

Come  riferisce il Comunicato Stampa emesso da Palazzo Chigi il 1° dicembre, “il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle imprese e del Made in Italy, ha approvato un disegno di legge di modifica al Codice della proprietà industriale di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.

Il disegno di legge si inquadra nella riforma del sistema della proprietà industriale, prevista dalla Milestone M1C2-4 del PNRR, in coerenza con il “Piano di azione sulla proprietà intellettuale per sostenere la ripresa e la resilienza dell’UE”, adottato dalla Commissione europea.
Gli obiettivi sono principalmente il rafforzamento della competitività del sistema Paese e della protezione della proprietà industriale; la semplificazione amministrativa; la digitalizzazione delle procedure in materia di titoli di proprietà industriale.

Con il provvedimento, tra l’altro:
– si introduce il divieto di registrazione di marchi evocativi o usurpativi di indicazioni geografiche e denominazioni di origine protetta;
– si riconosce la protezione temporanea dei disegni e modelli esposti in fiere nazionali o internazionali;
– si stabilisce che i diritti nascenti dalle invenzioni realizzate dal personale di ricerca spettino alla struttura di appartenenza dell’inventore, salvo il diritto di quest’ultimo di esserne riconosciuto autore e, al contempo, si riconosce l’autonomia di università, enti pubblici di ricerca e IRCCS per disciplinare le premialità connesse all’attività inventiva;
– si rafforza il controllo preventivo rispetto al deposito relativo alle domande di brevetto potenzialmente utili per la difesa del Paese e se ne accelera la procedura;
– si accelerano i tempi dei giudizi presso la Commissione dei ricorsi avverso i provvedimenti dell’Ufficio italiano brevetti e marchi;
– si sopprime l’obbligo di trasmettere all’UIBM la documentazione cartacea depositata presso le Camere di commercio;
– si prevede il ruolo di tutela del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, in assenza di Consorzi di tutela;
– si riduce da diciotto a dodici mesi il periodo obbligatorio di tirocinio ai fini dell’ammissione all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di consulente in proprietà industriale;
– si prevede che la regolarizzazione dei pagamenti tardivi inerenti ai titoli di proprietà industriale sia subordinata al pagamento del diritto di mora per ogni annualità incompleta o irregolare.

Profili giuslavoristici della cessione d’azienda in crisi, ne parla l’avv. Guglielmo Burragato

L’Ordine degli avvocati di Verona e l’Associazione Veronese Avvocati Giuslavoristi dedicano una giornata di studi al Nuovo Codice della Crisi d’Impresa, definitivamente entrato in vigore il 15 luglio 2022, con un evento formativo accreditato dal medesimo ordine.

Tra i relatori, il senior partner Guglielmo Burragato parla in particolare dei profili giuslavoristici della cessione dell’azienda in crisi. Nella sua lunga esperienza, ha infatti assistito società clienti per tutti gli aspetti afferenti al diritto del lavoro in operazioni di cessione anche complesse.

Nel corso della giornata di studi, le novità della normativa sull’insolvenza dell’impresa vengono analizzate dai diversi punti di vista degli avvocati, della magistratura e dei consulenti del lavoro.

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è contenuto nella Parte I del decreto legislativo n. 14 del
2019, emanato in attuazione della delega conferita al Governo al termine della XVII legislatura dalla legge n. 155 del 2017.  È stato successivamente emendato dal d.lgs. n. 147 del 2020, che ha apportato limitate modifiche di natura sostanziale, recando principalmente interventi integrativi e correttivi della disciplina dettata dal d.lgs. n. 14; più incisivo è stato l’intervento compiuto dal d.lgs. n. 83 del 2022, che ha sostituito l’intero Titolo II ed ha apportato significative modifiche anche ad altri titoli del Codice.
Il Codice è entrato in vigore nella sua stesura definitiva il 15 luglio 2022; risulta composto da 374 articoli
suddivisi in 10 Titoli.

Con riguardo ai rapporti di lavoro subordinato, vengono introdotte nuove disposizioni volte ad
armonizzare la disciplina dell’insolvenza con quella vigente in tema di diritto del lavoro.

Il Titolo VI reca la disciplina relativa ai gruppi di imprese. Tra le novità della riforma vi è l’espresso
riconoscimento (effettuato dall’art. 3 della legge delega) dell’istituto del gruppo d’imprese il cui presupposto fondamentale è l’effettiva attività di direzione e coordinamento di società-madre.

La nuova disciplina dettata dal Codice prevede una procedura unitaria davanti al tribunale dell’impresa per l’accesso ai diversi strumenti di risoluzione della crisi, applicabile in caso di gruppo di imprese, di cui è data specifica definizione. Tale procedura comprende: concordato preventivo e accordo di ristrutturazione dei debiti (di cui agli artt. 57 e ss), ove sia possibile garantire la continuità aziendale; in caso negativo, liquidazione giudiziale del gruppo.

Il programma dell’evento è disponibile qui.

 

 

   

Cesare Alberto Mussi autore di un saggio su «Il giurista del lavoro», mensile di Euroconference

La rivista «Il Giurista del lavoro» edita da Euroconference, ospita nel suo numero 11/2022 un saggio dell’avvocato Alberto Cesare Mussi, associate dello Studio Ichino Brugnatelli e associati.

L’autore ha curato personalmente l’approfondimento dedicato a: «Clausole e accordi nel contratto di lavoro. Opportunità di sottoscrivere polizze assicurative a tutela del datore di lavoro».

È prevista la pubblicazione di una ulteriore sezione dell’approfondimento.

Clicca qui per scaricare la pubblicazione in formato .pdf

 

L’incipit dell’approfondimento di Cesare A. Mussi

Qualsiasi impresa è soggetta a una moltitudine di rischi interni ed esterni: pertanto, è quantomai opportuno per il datore di lavoro sottoscrivere polizze assicurative nel mondo del lavoro, in un’ottica di bilanciamento tra costi e benefici. 

Con il presente contributo, volto a ricostruire i fondamenti del contratto di assicurazione, si dà il via a un approfondimento monografico in tre puntate sul tema. 

Il contratto di assicurazione 

Qualsiasi individuo potrebbe legittimamente interrogarsi sull’opportunità o meno di sottoscrivere polizze assicurative a propria tutela. A maggior ragione, l’interrogativo potrebbe divenire più pressante per coloro che svolgono attività d’impresa, spinti dalla necessità di comprendere su cosa e come assicurarsi. 

La soluzione di tale problema passa inizialmente dalla comprensione di cosa sia l’assicurazione. 

Con questo contratto, una parte (assicuratore), verso il pagamento di una somma, detta premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno da esso prodotto da un sinistro (ad esempio, l’incendio di un immobile), ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana (ad esempio, morte di una persona), ovvero a risarcire a terzi il danno che dovrebbe essere risarcito dall’assicurato (il danno provocato dal proprio dipendente). 

Il contratto di assicurazione è disciplinato dal Titolo III, Capo XX, cod. civ., articolo 1882 ss.; appartiene alla categoria dei contrati aleatori, la sua causa è il trasferimento di un’alea economica. 

Il rischio costituisce il suo elemento essenziale. Tuttavia, l’assicuratore non può procurarsi in autonomia le notizie necessarie per la stima del rischio e deve rimettersi alla lealtà dell’altro contraente. Pertanto, l’inesistenza del rischio è causa di nullità del contratto, la sua cessazione dà luogo allo scioglimento del contratto stesso, la sua inesatta conoscenza da parte dell’assicuratore costituisce causa di annullamento del contratto o di risoluzione o di rettifica. 

Continua a leggere sulla rivista «Il Giurista del lavoro»

Contributi a «Il giurista del lavoro», mensile di Euroconference

La rivista «Il Giurista del lavoro» edita da Euroconference, ospita nel suo numero 11/2022 alcuni saggi a firma dell’avvocato Evangelista Basile, partner dello Studio Ichino Brugnatelli e associati.

I saggi che l’avvocato Basile ha firmato, a quattro mani sono:

  •  L’effettività delle consultazioni sindacali e la crisi della forma con Rosibetti Rubino
  •  Il controllo esterno del lavoratore tramite agenzia investigativa: condizioni di legittimità e limiti con Emilian Marku

L’autore ha poi curato direttamente la parte di Osservatorio giurisprudenziale occupandosi degli aggiornamenti della Corte di Cassazione, della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia della Comunità Europea.

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Alcune delle pronunce di Cassazione commentate
dall’avvocato Evangelista Basile

L’avvocato Basile, in particolare ha commentato, per la sezione relativa alla Suprema Corte, il caso risolto con ordinanza della Cassazione civile, Sezione Lavoro, ordinanza 6 ottobre 2022, n. 29059 che si occupa del tema dello straining.

Il concetto di straining

In questa decisione si conferma che le forti divergenze sul luogo di lavoro e un’accesa conflittualità tra le parti non siano sufficienti a determinare una situazione di stress nocivo fonte di responsabilità del datore di lavoro perché il rapporto interpersonale, specie se inserito in una relazione gerarchica continuativa, è in sé possibile fonte di tensioni, che non necessariamente sfociano in una malattia del lavoratore. Questo accade se non vi sia esorbitanza nei modi rispetto a quelli appropriati per il confronto umano. 

I controlli del datore di lavoro

Una seconda pronuncia esaminata riguarda l’Ordinanza  24 agosto 2022, n. 25287 della Cassazione civile, Sezione Lavoro che riguarda i controlli sul lavoratore.  Secondo la Cassazione, il datore di lavoro può rivolgersi a soggetti terzi per lo svolgimento di attività di controllo sui lavoratori dipendenti solo nei limiti relativi all’accertamento di eventuali illeciti.

Il controllo esterno non può riguardare l’adempimento della prestazione lavorativa da parte del dipendente che è soggetto all’esclusivo potere di sorveglianza diretta del datore di lavoro. Il controllo esterno, quindi, deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione.

Congedi per maternità e malattia

Una terza pronuncia commentata dall’avvocato Evangelista Basile è la sentenza 11 ottobre 2022, n. 29611 Cassazione civile, Sezione Lavoro che si occupa di congedi per malattia e maternità.

Nell’ambito del sistema del Testo Unico sulla sicurezza tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro sono indennizzabili. Ogni forma di tecnopatia che può ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata all’Inail, anche se non è compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati. Tocca al lavoratore dimostrare il nesso di causa tra la lavorazione patogena e la malattia diagnosticata.