La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26246/2022, ha preso posizione sul tema della decorrenza della prescrizione dei crediti di lavoro nel corso del rapporto di lavoro, rispondendo alle varie questioni sollevate da coloro che – sia nella giurisprudenza di merito sia in dottrina – si stavano ormai da alcuni anni interrogando sulla compatibilità dei tradizionali indirizzi in materia con le riforme in tema di conseguenze del licenziamento illegittimo introdotte dalla L. 92/2012 (Riforma Fornero) e dal D.Lgs. 23/2015 (le norme sul contratto a tutele crescenti previste dal Jobs Act).
Sul numero n. 46/2022 de “La circolare di lavoro e previdenza”, edita da Euroconference, Sergio Passerini riporta e commenta la copiosa giurisprudenza su questo tema. La materia è complessa e i profili rilevanti sono numerosi. Il senior partner organizza le diverse pronunce in uno schema chiaro che presenta, in sintesi, i due orientamenti che si erano contrapposti sino alla sentenza n. 26246/2022.
Evidenziando i motivi di ogni pronuncia, il giuslavorista aiuta a comprendere i motivi per cui è mancata, sia per il lavoratore sia per il datore, un’adeguata certezza del diritto. Sottolinea quindi che la Corte di Cassazione, in questa sentenza, ha ricordato “come la prescrizione – in quanto modalità generale di estinzione (per non esercizio per un tempo determinato dalla legge) dei diritti – sia istituto che assicura il principio di certezza del diritto, principio di fondamentale importanza, prima ancora che sul piano normativo, sul piano della stessa civiltà giuridica di un Paese, quale principio di affidabilità per tutti.
Se queste sono le finalità dell’istituto della prescrizione, la Cassazione evidenzia come sia
indispensabile che sia garantita una conoscenza, in termini di generalità e di sicura predeterminazione, di quali siano le regole che presiedono all’accesso dei diritti, alla loro tutela e alla loro estinzione.
Dovendo, ora, tali regole essere conformate a una disciplina dei rapporti di lavoro più flessibilmente modulata in ordine alle tutele previste, a seconda delle varie ipotesi di licenziamento, il criterio di individuazione del dies a quo di decorrenza della prescrizione dei diritti del lavoratore deve soddisfare un’esigenza di conoscibilità chiara, predeterminata e di semplice identificazione.
Ciò presuppone che – sempre secondo la Corte di Cassazione – fin dall’instaurazione del rapporto, ognuna delle parti possa sapere quali siano i diritti e, soprattutto, per quanto qui rileva, quando e “fino a quando” possano essere esercitati: nel rispetto e nell’interesse del lavoratore, destinatario della previsione in quanto soggetto titolare dei diritti; ma anche del datore di lavoro, che pure deve conoscere quali siano i tempi di possibili rivendicazioni dei propri dipendenti, per programmare una prudente e informata organizzazione della propria attività d’impresa e della sua prevedibile capacità di sostenere il rischio di costi e di oneri che quei tempi comportino.
Affinché del regime di stabilità o no del rapporto lavorativo – ai fini di immediata e semplice
individuazione del termine di decorrenza della prescrizione (in costanza di rapporto ovvero soltanto
dalla sua cessazione) – si abbia una chiara conoscibilità, in via di generale predeterminazione, occorre, secondo la Corte, che esso risulti fin dal momento della sua istituzionee datore – in merito alla propria situazione.”
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